Dedicato ai
dispersi in mare il volume della psicoterapeuta Anna Mozzi “Blu oltremare” che
si presenterà venerdì 30 novembre 2018 alla Casa Internazionale delle Donne a
Roma. Dialoga con l’autrice Angelo Giuseppe Pizza. Letture di Sista Bramini. Viola e
canto di Camilla Dell’Agnola. Introduce l’antropologa Alexandra
Rendhell.
ROMA - “Blu oltremare” è l’interessante libro della psicologa-psicoterapeuta
Anna Mozzi, edito da Apeiron (pp. 75, euro 12,50), con prefazione di Angelo
Giuseppe Pizza, curatore dell’opera. Dedicato ai dispersi in mare e ispirato
alle diatomee, è composto da 30 straordinarie poesie accompagnate dai disegni originali
ed esclusivi dell’artista Francesca Bartalini.
Il volume
sarà presentato venerdì 30 novembre 2018 ore 18.00 presso la Casa
Internazionale delle Donne – Sala Simonetta Tosi a Roma (Via della Lungara 19).
Con l’autrice dialogherà Angelo Giuseppe Pizza, tra letture di Sista Bramini e
il canto e le melodie della viola di Camilla Dell’Agnola. Introdurrà
l’antropologa Alexandra Rendhell.
Nell’attenta
analisi introspettiva che emerge dalla lettura dei trenta componimenti poetici,
il mare assurge a simbolo di annichilimento rispetto ai dispersi che lo
affrontano per raggiungere mete più favorevoli di vita, ma l’ispirazione è
rivolta per l’intera raccolta, alle diatomee, disegnate per l’occasione
dalla Bartalini, per il loro significato di rinnovamento.
“Le poesie -
chiarisce l’autrice casertana - nascono proprio da un ossimoro fondamentale: il
mare come vita e morte, bellezza e tragedia, luce accolta e luce smarrita,
indifferenza e pietà, ma la quintessenza si concentra nella bellezza delle diatomee,
che sono microalghe unicellulari di silicea resistenza, presenti in tutti gli
ambienti acquatici naturali, con oltre 200.000 specie, che ricoprono un
importantissimo ruolo ecologico, poiché contribuiscono all’assorbimento
dell’anidride carbonica”.
La diatomea simbolo di
rigenerazione? Sì, conferma la Mozzi, la
diatomea è monade di leibniziana memoria, mandala, tassello di un universale
mosaico, simbolo di Palingenesi, perché “la bellezza salverà il mondo”, come
diceva Dostoevskij, purché la sappiamo tutelare!
“Ma anche la sofferenza, purché la sdoganiamo, la
decriptiamo, la derubrichiamo, la doniamo come testimonianza, - continua
l’autrice - perché è dimensione profonda, personale, ma così personale da
assurgere a una straordinaria valenza politica per coltivare il diritto alla
speranza collettiva, che è ingrediente indispensabile per vivere”.
La speranza, per l’autrice, è dunque le via regia
per una palingenesi, per affrancarsi, per riscattarsi.
La speranza come l’ultimo baluardo dell’umanità? È così per la Mozzi,
dato che “noi umani dobbiamo tendere
ad un itinerario di perfezionamento ad infinitum, attraverso l’experire”.
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